Poco meno di tre mesi separano la Toscana dalle elezioni regionali del prossimo 12 ottobre, ma il Partito Democratico – che governa la Regione senza interruzioni dalla sua nascita – appare ancora in piena fase di stallo, frammentato e privo di una linea chiara. A oggi, la candidatura di Eugenio Giani per un secondo mandato non è stata ancora ufficializzata, nonostante il presidente uscente abbia ribadito con forza la sua disponibilità. Il rischio? Consegnare alla destra la prima vittoria della sua storia nella regione simbolo della “zona rossa”.
L’incontro avvenuto lunedì 14 luglio tra Giani e la segretaria nazionale Elly Schlein – durato quattro ore, al Nazareno – non ha prodotto alcuna decisione definitiva. Il governatore uscente ha parlato di «vertice proficuo», ma in realtà il nodo politico resta irrisolto. La candidatura del presidente non ha ancora ricevuto il via libera formale, a causa di tensioni interne al partito e di una gestione nazionale che appare timida e tardiva.
Secondo fonti interne, l’incontro sarebbe servito a “rimettere in riga” Giani, colpevole – per alcuni – di essersi autocandidato senza attendere l’ok del vertice nazionale. Ma a meno di 100 giorni dal voto, mentre le destre si preparano compatte, il PD sembra ancora invischiato in logiche interne di corrente e posizionamento, incapace di presentare un progetto coeso ai toscani.
Giani ha voluto chiarire «ogni fraintendimento» e ha offerto «massima collaborazione» alla segreteria nazionale, ma non ha fatto nessun passo indietro: «Macché passo indietro! Mi affido alla segretaria». Dietro questa dichiarazione formale, però, si cela l’impasse di un partito che non riesce a decidere nemmeno su un presidente uscente appoggiato da oltre metà dei sindaci toscani.
Nel frattempo, Schlein continua a rinviare la scelta definitiva, parlando genericamente di «chiudere le alleanze vincenti» nelle sei regioni al voto. Ma mentre si discute di coalizioni astratte, la Toscana – storicamente governata dalla sinistra – rischia concretamente di essere persa per la prima volta.
A rendere ancora più evidente la frattura interna, le accuse di “fughe in avanti” rivolte all’area di Giani da parte della mozione Schlein. I sostenitori del presidente uscente denunciano l’ipocrisia di chi si dichiara «contro le correnti, tranne la propria» e lamentano l’atteggiamento attendista del gruppo dirigente nazionale, che rischia di bloccare la campagna elettorale sul nascere.
Eppure la base, sindaci e società civile chiedono da settimane un chiarimento. Lo stesso Giani ha dichiarato: «Mancano 90 giorni alle elezioni, c’era bisogno di dare una scossa». Ma a questa scossa, la segreteria nazionale ha risposto con freddezza e silenzi, lasciando il partito impantanato.
Se si considera che in Toscana non c’è mai stata alternanza di governo, l’inerzia attuale assume contorni drammatici. Le opposizioni, in particolare il centrodestra unito, si stanno già preparando al voto, mentre il PD sembra più occupato a dirimere le proprie tensioni interne che a costruire un programma convincente per i cittadini.
A peggiorare il quadro, le sfide economiche e sociali evidenziate da Giani: dai dazi americani che colpiscono l’export ed il turismo toscano, ai tagli alla sanità pubblica imposti dal governo Meloni. Temi cruciali, ma che rischiano di restare senza una voce politica forte, se il PD continuerà a restare paralizzato.
L’unica certezza è che il tempo stringe. La riunione della segreteria regionale prevista per domani sarà forse l’ultima occasione per il PD di ritrovare unità e dare finalmente il via alla campagna elettorale. Ma se il partito continuerà a temporeggiare, a dividere e a non decidere, la Toscana - dopo il referedum fallito contro il Jobs-act - potrebbe diventare la seconda sconfitta dell’era Schlein, e la prima vera breccia nel fortino rosso che da sempre è simbolo del centrosinistra italiano. Bene iniziare a ricordarci, tutti, la parola "dimissioni".